La Doula: una soluzione per il rientro al lavoro della mamma

Le ragioni alla base della promozione di iniziative di welfare, risiedono nella necessità di garantire una crescita delle prestazioni che risulta difficile da raggiungere quando i dipendenti vivono situazioni familiari di difficoltà.

Ecco perché bisogna promuovere il benessere e la qualità della vita dei dipendenti, attraverso un’integrazione tra vita lavorativa e privata, ed ecco perchè è necessario ampliare tutte quelle attività aziendali volte al sostegno della famiglia.

Gli strumenti a disposizione delle aziende, per migliorare la vita privata dei dipendenti sono diversi:

·        Smartworking/lavoro agile;

·        Contributi monetari e prolungamento dei congedi;

·        Asili nido aziendali;

·        Rimborsi per i costi sostenuti dalla famiglia per le spese scolastiche;

·        Contributi per ricerca Baby sitter;

Per quel che concerne il mio punto di vista, avendo assistito più di 300 famiglie nella ricerca di un aiuto per conciliare figli e professione, non posso che spostare il focus dai genitori alla sola madre e al suo rientro al lavoro dopo la maternità.

Ricordando che, al termine della maternità obbligatoria si può chiedere anche la maternità facoltativa (o più correttamente congedo parentale, visto che spetta anche al padre). Bisogna sottolineare che in questo caso, l’indennità che spetta alla lavoratrice (o al padre) è di solito del 30% dello stipendio.

Ma la maternità obbligatoria non è l’unico diritto che spetta alla mamma che deve rientrare al proprio lavoro. La legge prevede infatti anche:

1. il divieto di licenziamento della lavoratrice fino al compimento di un anno di età del bambino;

2. La possibilità di richiedere delle dimissioni volontarie contando eccezionalmente sull’indennità di disoccupazione (NASPI);

3. La possibilità di richiedere l’allattamento, che consiste in un’ora di permesso al giorno nel caso di contratti part time e di due ore nel caso di un impiego full time;

Sebbene questi strumenti siano a disposizione dei neogenitori, vorrei porre l’attenzione su alcuni fattori che vanno ad inficiare proprio sulla scelta di “quando e se” tornare al lavoro, da parte della neomamma.

Fattore economico

La maternità facoltativa prevede un’indennità pari al 30% dello stipendio, ed in molti casi non è sufficiente per far fronte al budget familiare per il sostentamento, figuriamoci con l’arrivo di un bambino.

Fattore psicologico

Non intendo banalizzare un concetto molto ampio, che ha a che fare con la condizione di neo mamma. Ma posso riportare le due diverse reazioni rispetto a questa scelta. Alcune mie clienti desiderano tornare il prima possibile al lavoro, compatibilmente con le possibilità di farlo, specialmente se sono libere professioniste. Altre hanno una difficoltà al distacco, soprattutto perché – in assenza di nonni – lasciare un neonato ad altri non appartenenti alla famiglia, può essere difficile; di conseguenza tendono a rimandare il più possibile il rientro alla professione svolta.

Fattore socio-culturale

L’estrazione sociale e il contesto culturale di provenienza dei genitori, ovviamente influenzano il ritorno al lavoro da parte della neomamma. Parlo di neomamma perché i dati sul congedo parentale richiesto dai padri sono ancora molto bassi in Italia.

Parliamo del 19% di uomini (circa 5.300) che è ricorso a questa tipologia di congedo, e solo il 4% di questi risiede nelle regioni del Centro e del Sud dell’Italia. (fonte INPS).

Carriera pregressa

Università, dottorato, stage, carriera raggiunta ad un ottimo livello. Tutto questo prima di avere figli. Poi arrivano i demansionamenti “non ufficiali”, che materializzano la paura più grande di qualsiasi neomamma che abbia condotto una carriera in ascesa.

Nonostante la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20253 del 15 luglio 2021, abbia dichiarato illegittimo adibire una lavoratrice rientrata dalla maternità, a mansioni inferiori rispetto a quelle svolte prima del congedo, le situazioni de facto in tantissime realtà aziendali sono innumerevoli, che unite al gender gap, sicuramente non facilitano la scelta di tornare al lavoro il prima possibile.

Manca all’appello, però, una serissima motivazione che va ad influenzare il rendimento della dipendente e che non viene quasi mai menzionato in tutti gli articoli che parlano di rientro al lavoro dopo la maternità:

L’assenza di sonno

Ora, per chi non abbia passato l’estrema difficoltà di cui sono testimone quasi ogni giorno, (e di cui sono stata protagonista in prima persona) quando neogenitori davvero disperati, mi chiamano per poter accedere al servizio di assistenza notturno, si configurerà nell’immaginario collettivo una esclamazione che farà riferimento a un :“eh…ma allora prima come si faceva?”.

Questo perché non tutti sanno cosa voglia dire svegliarsi ogni 40 minuti per allattare o ninnare, ogni santa notte, 7 giorni su 7, per un tempo che in quel momento sembra “fine pena mai” e che può arrivare ben oltre il primo anno di vita del bambino.

E l’assenza di sonno, (che ricordo essere uno degli strumenti di tortura utilizzato nell’allenamento dei Navy Seals), non permetterà certo una concentrazione e una prestazione ottimali sul posto di lavoro.

Ecco perché, nell’ambito dei servizi defiscalizzati che le aziende possono offrire all’interno delle loro politiche welfare di sostegno alla genitorialità, ho deciso di puntare su di una figura che in Italia ancora non ha affermato completamente la sua grande valenza sociale, ma che all’estero è già presente da più di 30 anni:

La Doula

La parola Doula origina dal greco, e si riferisce ad una donna che sta a servizio di un’altra donna, nel senso più alto che questo possa significare. Qualcuno la definisce una “Mamma per la Mamma”, anche se non è detto che ogni Doula che svolga questa professione sia a sua volta una madre.

Comunque, nei fatti, questa figura è una consulente esperta nel supporto alla maternità. Si occupa di accogliere e sostenere la neo mamma, sia nel pre che nel post partum, facendo emergere le potenzialità insite in ogni donna, in uno spazio neutro dove vige l’assenza di giudizio.

E’ in grado di occuparsi dei neonati dai primissimi giorni di vita, anche e soprattutto durante le ore notturne, permettendo appunto ai neogenitori di riuscire a dormire. E’ una figura sociale e non medica, e il percorso che la contraddistingue per poter esercitare questo lavoro è una sublimazione di tutto quello che può essere l’accudimento e l’accoglienza, a 360 gradi, nei confronti della madre e della famiglia che è appena nata.

Capire cosa possa fare una Doula è forse difficile da elencare, ma posso trasmettere una testimonianza che forse colpisca più a livello empatico.

“Eravamo appena rientrati a casa da neogenitori con due gemelle ed era facilissimo che un piccolo elemento potesse far scatenare il disordine. Barbara è arrivata la prima volta facendo poche domande mirate per essere subito operativa, segno distintivo di una grande esperienza. Questo mi ha trasmesso un grande senso di fiducia in breve tempo, quindi sono riuscita a poter riposare affidandole le bambine senza preoccupazioni. Mi svegliava in piena notte due minuti prima che le bambine iniziassero a piangere, in modo che fosse meno traumatico, e anche questo mi dimostrava esperienza nell’interpretazione dei segnali delle bambine e nella gestione efficace del tempo. E banalmente anche trovare i biberon sterilizzati, i panni piegati e nessuna traccia (se non positiva) del suo passaggio a casa è stato un gran sollievo in quei mesi con cicli pappa-pannolino-nanna da 3h. Nel giro di 7 mesi sono passata dal non sapere assolutamente cosa fosse una doula, anzi erroneamente a ritenerla una figura meno utile rispetto ad una baby sitter o ad una puericultrice, a capire che per una figura esterna è sì importante essere in sintonia con le bambine, ma che nella creazione di una nuova famiglia è ancora più fondamentale supportare la mamma, sia fisicamente che psicologicamente, perché è il collante della famiglia stessa.”

Quando ho scoperto l’esistenza di una consulente, che potesse svolgere questa funzione fondamentale ( che probabilmente 6 anni fa avrei pagato a peso d’oro), ho capito che creare una rete di persone fidate e offrirla a famiglie e aziende, avrebbe potuto fare la differenza.

Quindi mi auguro che questo mio piccolo contributo, possa aiutare a diffondere una cultura di vero sostegno alle madri che lavorano, specialmente se hanno figli nella fascia 0-3 anni.

Perché, a mio avviso, ne siamo ancora molto lontani.

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