Parliamo di assunzioni, sia a tempo determinato che indeterminato, nonché di trasformazioni a tempo indeterminato, di donne lavoratrici.
Come riporta la circolare Inps n. 58 del 23 giugno 2023,
la legge 29 dicembre 2022, n. 197 ( legge di Bilancio 2023), all’art. 1, comma 298, ha previsto che: “Al fine di promuovere le assunzioni di personale femminile, le disposizioni di cui al comma 16 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, si applicano anche alle nuove assunzioni di donne lavoratrici effettuate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023. Per le assunzioni di cui al primo periodo, il limite massimo di importo di 6.000 euro annui di cui al comma 16 dell’articolo 1 della predetta legge n. 178 del 2020 è elevato a 8.000 euro”.
Datori di lavoro che possono accedere ai benefici
Possono accedere ai benefici in trattazione tutti i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, ivi compresi i datori di lavoro del settore agricolo.
Hanno diritto al riconoscimento dei benefici in oggetto:
1. gli enti pubblici economici;
2. gli Istituti autonomi case popolari trasformati in base alle diverse leggi regionali in enti pubblici economici;
3. gli enti che per effetto dei processi di privatizzazione si sono trasformati in società di capitali, ancorché a capitale interamente pubblico;
4. le ex IPAB trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato, in quanto prive dei requisiti per trasformarsi in ASP, e iscritte nel registro delle persone giuridiche;
5. le aziende speciali costituite anche in consorzio, ai sensi degli articoli 31 e 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
6. i consorzi di bonifica;
7. i consorzi industriali;
8. gli enti morali;
9. gli enti ecclesiastici;
Sono, esclusi dall’applicazione del beneficio
1. le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le Accademie e i Conservatori statali, nonché le istituzioni educative;
2. le Aziende e Amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo;
3. le Regioni, le Province, i Comuni, le Città metropolitane, gli Enti di area vasta, le Unioni dei comuni, le Comunità montane, le Comunità isolane o di arcipelago e loro consorzi e associazioni;
4. le Università;
5. gli Istituti autonomi per case popolari e le Aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica (ATER), comunque denominate, che non siano qualificate dalla legge istitutiva quali enti pubblici economici;
6. le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;
7. gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali. Nel novero degli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali sono da ricomprendere tutti gli enti indicati nella legge 20 marzo 1975, n. 70, gli ordini e i collegi professionali e le relative federazioni, consigli e collegi nazionali, gli enti di ricerca e sperimentazione non compresi nella legge n. 70/1975 e gli enti pubblici non economici dipendenti dalle Regioni o dalle Province autonome;
8. le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale;
9. l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche Amministrazioni (ARAN);
10. le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
Sono ricomprese nell’ambito delle pubbliche Amministrazioni e, pertanto, non possono fruire dell’esonero in oggetto, le Aziende sanitarie locali, le Aziende sanitarie ospedaliere e le diverse strutture sanitarie istituite dalle Regioni con legge regionale nell’ambito dei compiti di organizzazione del servizio sanitario attribuiti alle medesime.
Sono, inoltre, comprese nelle Amministrazioni pubbliche gli istituti pubblici di assistenza e beneficenza (IPAB) e le Aziende pubbliche di Servizi alla Persona (ASP), comprese quelle derivanti dal processo generale di trasformazione di cui al decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, in presenza di determinati requisiti previsti dal medesimo decreto legislativo.
Nel novero dei soggetti che non possono fruire dell’esonero contributivo rientrano, infine, la Banca d’Italia, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) e, in linea generale, le Autorità indipendenti, che sono qualificate come Amministrazioni pubbliche in conformità al parere n. 260/1999 del Consiglio di Stato, nonché le Università non statali legalmente riconosciute qualificate come enti pubblici non economici dalla giurisprudenza amministrativa e ordinaria (cfr., Cass. S.U. n. 1733 del 5 marzo 1996 e n. 5054 dell’11 marzo 2004, nonché Consiglio di Stato n. 841 del 16 febbraio 2010).
Lavoratrici per le quali spettano gli incentivi
Gli esoneri previsti dalla legge di Bilancio 2023 e dalla legge di Bilancio 2021 spettano in riferimento alle assunzioni di “donne lavoratrici svantaggiate”, secondo la disciplina dettata dalla legge n. 92/2012, in base alla quale sono riconducibili alla nozione di “donne svantaggiate” le seguenti categorie:
a. donne con almeno cinquant’anni di età e “disoccupate da oltre dodici mesi”;
b. “donne di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”. Con riferimento a tale categoria, si precisa che, ai fini del rispetto del requisito, è necessario che la lavoratrice risulti residente in una delle aree individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale per l’Italia (1° gennaio 2022 – 31 dicembre 2027), approvata dalla Commissione europea con la decisione C(2021) 8655 final del 2 dicembre 2021, e successivamente modificata con la decisione C(2022) 1545 final del 18 marzo 2022. Al riguardo, si fa presente che non sono previsti vincoli temporali riguardanti la permanenza del requisito della residenza nelle aree svantaggiate appositamente previste nella suddetta Carta e che il rapporto di lavoro può svolgersi anche al di fuori delle aree indicate;
c. donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”. Tali settori e professioni di cui all’articolo 2, punto 4, lettera f), del Regolamento (UE) n. 651/2014, sono,come previsto nel decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, del 16 aprile 2013, e ribadito nella circolare del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali n. 34/2013,“annualmente individuati con decreto del Ministro del lavoro e dellepolitiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e dellefinanze”, sulla base delle risultanze acquisite dall’lSTAT[2]. Ai fini del legittimo riconoscimento delle agevolazioni, la donna priva di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi deve essere assunta o in un settore o in una professione comprese nell’elencazione del citato decreto;
d. donne di qualsiasi età, ovunque residenti e “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi”.Al riguardo, si precisache, ai fini del rispetto del requisito, occorre considerare il periodo di 24 mesi antecedente la data di assunzione e verificare che in quel periodo la lavoratrice considerata non abbia svolto un’attività di lavoro subordinato legata a un contratto di durata di almeno 6 mesi o un’attività di collaborazione coordinata e continuativa (o altra prestazione di lavoro di cui all’articolo 50, comma 1, lettera c-bis), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, c.d. TUIR) la cui remunerazione annua sia superiore a 8.174 euro o, ancora, un’attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo lordo superiore a 5.500 euro.
Pertanto, ai fini del riconoscimento dei benefici in trattazione è richiesto o uno stato di disoccupazione di lunga durata (oltre 12 mesi) per le lavoratrici di almeno cinquanta anni di età o il rispetto, in combinato con ulteriori previsioni, del requisito di “priva di impiego regolarmente retribuito”. Al riguardo, si precisa che la locuzione “privo di impiego” è stata, da ultimo, definita dal decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali del 17 ottobre 2017, che individua i lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati. Tale nozione, come specificato dal richiamato decreto, nonché dalla citata circolare n. 34/2013, si riferisce a quei lavoratori svantaggiati che “negli ultimi sei mesi non hanno prestato attività lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro subordinato della durata di almeno sei mesi ovvero coloro che negli ultimi sei mesi hanno svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione”
Rapporti di lavoro incentivati e durata degli incentivi
Gli incentivi in esame spettano per:
– le assunzioni a tempo determinato;
– le assunzioni a tempo indeterminato;
– le trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto agevolato;
– le trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto non agevolato[3].
Gli incentivi spettano anche in caso di part-time.
Durata del periodo agevolato
Con riferimento alla durata del periodo agevolato, si chiarisce che, gli incentivi:
– in caso di assunzione a tempo determinato, spettano fino a 12 mesi;
– in caso di assunzione a tempo indeterminato, spettano per 18 mesi;
– in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine già agevolato, sono riconosciuti per complessivi 18 mesi a decorrere dalla data di assunzione;
– in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine non agevolato, sono riconosciuti per complessivi 18 mesi a decorrere dalla data di trasformazione.
Gli incentivi spettano anche in caso di proroga del rapporto, effettuata in conformità alla disciplina del rapporto a tempo determinato, fino al limite complessivo di 12 mesi.
Per approfondimenti vedi sito INPS